Le puntate precedenti le trovate nella categoria PAURE NEL BAMBINO
Consultiamo la nuova psicologa la quale, dopo un colloquio preliminare con me e Mixer, decide di fare dei test al Malandrino. Da questi estrapola la sua diagnosi: il Malandrino ha scarsa fiducia in se stesso. E questo già lo sapevamo. Dai test risulta inoltre che noi gli dedichiamo molto tempo, ma che non siamo veramente concentrati su di lui. Ci consiglia di giocare con lui almeno 20 minuti al giorno, ad un gioco scelto da lui, in cui noi però dobbiamo essere coinvolti emotivamente. Questo dovrebbe avere il duplice scopo di dargli quella fiducia in se stesso che gli manca e contemporaneamente la certezza che noi siamo presenti, sempre.
Io incontro già le prime difficoltà: il fatto di essere emotivamente coinvolta in un gioco scelto da lui proprio non mi viene. Non riesco ad essere partecipe se, puntualmente, il gioco è fare gli incidenti con le macchinine o fare la lotta o rotolarsi per terra e “nuotare”. Per tutti i venti minuti. Così con la psicologa decidiamo che, visto che secondo lei la mia partecipazione attiva è più importante della scelta del gioco, il gioco lo sceglierò io. Per mio marito è più semplice partecipare ai suoi giochi, cosicchè, con lui, sarà il Malandrino a scegliere. Ed è così che mentre con me impara a cucinare, con papà fa la lotta coi cuscini e gli incidenti con le macchine.
Con molta, moltissima calma, le cose cominciarono a migliorare.
Anche se la paura è sempre là, ad aspettarlo e non va mai via del tutto.
Anche se va in una stanza da solo, esclusivamente quando, preso totalmente dal gioco, non si rende conto che è effettivamente da solo.
Anche se il fatto del “fazzoletto affuocato” (come lo chiama lui) lo devo raccontare a tutte le persone che vengono in macchina con noi.
In primavera le paure aumentano nuovamente a causa di un piccolo bruco che si costruisce il bozzolo sulla nostra zanzariera. Mi sembra una cosa bellissima mostrargli il bruco, visto che stiamo leggendo un libro (Nonno perchè e i segreti della natura) in cui si parla del ciclo vitale di una farfalla.
Mai e poi mai mi sarei aspettata che, dopo aver visto il piccolo insetto costruirsi il bozzolo, lui decida di non voler più entrare in camera da letto da solo e di non avvicinarsi più al balcone, nemmeno se accompagnato. Ovviamente non vuole nemmeno che io rimuova il piccolo bozzolo. E lo controlla ogni mattina! Sono in scacco matto. Mi maledico tutti i giorni per avergli mostrato quella che, io stessa, ritenevo una meraviglia della natura, che avevamo avuto la fortuna di osservare in una città come Milano, ma che, evidentemente, per lui è solo un altro elemento di disturbo.
Da lì è un escalation di paure che riemergono piano piano per le più svariate ragioni: una invasione di formiche (che peraltro uccide a mani nude senza scomporsi, ma poi di entrare nel bagno da solo non se ne parla), lo sciacquone dei vicini che sente dalla sua cameretta (che gli ha sempre fatto paura) e lo stereo in sala perchè ogni tanto (vista la delicatezza con cui tratta i cd) “salta il disco”.
Ma la situazione esplode definitivamente quando mia mamma parte per andare a fare le cure termali.
Le mie ore lavorative sono concentrate in 2 giorni alla settimana. Essendo mia madre assente, Mixer deve stare a casa dal lavoro perchè mia suocera non se la sente di stare da sola con entrambi i bambini. Tantomeno Mixer. Così decidono di unire le forze e Mixer trascorre quelle giornate a casa di mia suocera. Lavoro 4 giorni (non consecutivi) in 2 settimane. Al terzo giorno in casa di mia suocera, riesplode la paura del contatore. Mixer mi telefona al lavoro dicendo che il Malandrino si è nascosto dietro al divano e non riescono a farlo uscire.
Mixer è frustrato, si sente impotente e sente che tutti gli sforzi che abbiamo fatto negli ultimi mesi sono stati vani.
Io mi sento crollare il mondo addosso. Mi esplode una rabbia incontrollabile, contro il mio bambino e la sua fragilità. Vorrei avere una bacchetta magica e vivere un’altra vita. Di nuovo non vuole camminare per terra, di nuovo non vuole più stare da solo in una stanza nemmeno per pochi minuti perche’ in camera sua c’era lo sciacquone, in bagno le formiche, in camera da letto il bozzolo, in soggiorno il lettore cd e all’ingresso il contatore… la casa è finita. Non c’è una stanza dove non abbia paura. Non c’è un posto dove si senta al sicuro. Può vivere un bambino di 4 anni in queste condizioni?
La nostra psicologa non può seguirci perchè si sposa a breve, così, dopo esserci consultati con alcuni amici, prendiamo un appuntamento all’Ospedale San Paolo di Milano. Mi hanno parlato bene del reparto di neuropsichiatria infantile ( e il solo nome mi fa venire la pelle d’oca), ma il posto con la mutua c’è a marzo dell’anno prossimo. Non posso aspettare 8 mesi e decidiamo di andare a pagamento.
Il Dottore specialista riceve al piano meno due (e non nel reparto di neuropsichiatria infantile, tanto decantato), negli ambulatori destinati a qualunque altro tipo di visita. Non c’è un gioco, non una parete colorata, solo uno squallore isolato, senza un’anima viva a cui chiedere un’informazione, l’unico luogo non ristrutturato, nel sotterraneo dell’ospedale.
Il dottore arriva mezz’ora in ritardo, ci fa accomodare in una stanza asettica dove c’è, oltre ad un letttino per le visite, una scrivania e due sedie e uno sgabello su cui ci fa accomodare. Lui da una parte, noi dall’altra, come agli esami. Scambia due parole con il Malandrino e poi mi chiede quali sono i suoi problemi. Io rimango basita: come può pretendere che parli dei problemi di un bambino di quattro anni davanti al bambino stesso? Gli chiedo di poter far uscire il Malandrino con suo padre e così parliamo per circa mezz’ora. Lui parla di fobie e non di paure. Utilizza dei paroloni che nemmeno ricordo. Capisco metà delle cose che mi dice. E dire che sono nell’ambiente medico e a certe parole sono avvezza.
Il suo verdetto è devastante, almeno lo è per me.
Il problema primario del Malandrino è che non dorme da solo. Secondo lui devo lasciarlo in camera da solo ad addormentarsi, me ne devo andare e chiudere la porta con la scusa che io il giorno dopo devo lavorare e ho bisogno di dormire. Lasciare in una stanza da solo un bambino che ha il terrore di restare da solo.
Secondo lui mio figlio balbetta. Solo perchè quando vuole dire qualcosa e non trova le parole, ripete più volte l’ultima parola che dice fino a che non riesce ad andare avanti col discorso.
Secondo lui dobbiamo essere più incisivi, dare delle regole e dei limiti più precisi, soprattutto Mixer.
Deduce una scarsa fiducia in noi da parte del Malandrino. Non capisco sulla base di che cosa.
Tutto questo in poco più di mezz’ora di colloquio. Tutto questo senza fargli dei test. Tutto questo senza giocare con lui o guardare i suoi disegni. Tutto questo da dietro una scrivania.
Quando esco sono sconvolta.
Forse fu tutto quello sconvolgimento a portarmi a riflettere. Ritenevo il Malandrino responsabile dell’andamento delle nostre giornate, nel bene e nel male, della gioia o della tristezza di tutta la famiglia. Lo stavo caricando di troppe aspettative e di troppe responsabilità. Non era accettabile. Volevo sgravarlo di questo peso. Non avremmo più seguito nessuna terapia e quello che decidemmo l’ho scritto qui e qui.
Infine, dopo tanto pensare, la decisione di condividere la nostra esperienza sperando che questo possa aiutare noi e altri genitori come noi, ad affrontare meglio le paure dei propri bambini.